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      Lasciamo dormire i cani che dormono... Chi sente la necessità di stuzzicarli? Vi ripeto, che mi dispiace d’essermi spinto troppo oltre. Che volete di più, signore?
      – Oh, Trotwood, Trotwood! – esclamò il signor Wickfield, torcendosi le mani. – Che sono diventato, da quando venisti la prima volta in casa mia! Ero già per la china allora, ma per che strada, per che triste strada sono poi precipitato! La mia debolezza m’ha rovinato. Debolezza nel ricordo e debolezza nell’oblio. Il dolore per la perdita della madre di mia figlia diventò una malattia; il mio amore per mia figlia, diventò una malattia. E ho infettato tutto ciò che ho toccato. So d’aver accumulato l’infelicità su ciò che più teneramente amo... tu sai se l’amo! Credevo che fosse possibile amare una sola creatura al mondo, e non amare il resto; credevo che fosse possibile piangere una creatura scomparsa, e non partecipare al dolore degli altri che piangevano. Così la mia vita s’è pervertita. Mi son divorato il cuore in una vile tristezza, ed essa si vendica. Sordido nel mio dolore, sordido nel mio amore, sordido nel triste scopo di sfuggire al più oscuro lato del dolore, e dell’amore, ora guarda, guarda la mia rovina, e odiami, disprezzami!
      Si lasciò cadere su una sedia, e si mise a singhiozzare. L’eccitazione lo abbandonava. Uriah sbucò dal suo cantuccio.
      – Non so ciò che ho fatto nella mia stupidità – disse il signor Wickfield, mettendo innanzi le mani, come per stornare una mia condanna; – ma egli lo sa – e indicava Uriah Heep – perché m’è stato sempre a fianco a suggerirmi che dovessi fare.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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