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      Egli m’è come una macina da mulino al collo. Lo trovi insediato in casa mia, lo trovi ficcato in tutti i miei affari. L’hai sentito, proprio ora. Che serve dirti di più.
      – Non era necessario dir tanto, né la metà di tanto, né nulla – osservò Uriah, arrogante insieme e servile. – Voi non sareste in questa condizione, se non aveste bevuto tanto. Ragionerete domani, signore. Se ho detto troppo, o più di ciò che intendevo dire, che significa? Non ci ho insistito.
      Si aprì la porta, ed Agnese, entrando leggermente, senza un’ombra di colore in viso circondò col braccio il collo del padre, e con fermezza disse: «Papà, tu non stai bene. Vieni con me». Egli le poggiò la testa sulla spalla, pieno di vergogna, e uscì con la figlia. Gli occhi di lei si incontrarono un istante nei miei, e conobbi che ella sapeva tutto quanto era accaduto.
      – Non m’aspettavo d’essere scalzato in modo così brusco, signor Copperfield – disse Uriah. – Ma non è nulla. Domani saremo di nuovo amici. È per il suo bene. Io desidero umilmente il suo bene.
      Non gli risposi, e salii subito nella cheta stanza dove Agnese tante volte s’era trattenuta accanto a me coi suoi libri. Vi stetti fino a tardi. Presi un libro, e tentai di leggere. Sentii l’orologio battere le dodici; e stavo ancora leggendo, senza saper che cosa leggessi, quando Agnese mi toccò.
      – Voi ve ne andate presto, domani, Trotwood. Lasciate che vi dica addio ora.
      Ella aveva pianto, ma aveva il viso così calmo e bello.
      – Il Cielo vi benedica! – ella disse, dandomi la mano.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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