– Diletta Agnese! – risposi. – Capisco, che mi chiedete di non parlar della scena di stasera... Ma non v’è nulla da fare?
– C’è da confidare in Dio! – ella rispose.
– Posso io giovarvi in qualcosa, io, che vengo da voi con le mie piccole afflizioni?
– E alleggerite le mie – ella rispose. – Caro Trotwood, no.
– Cara Agnese – dissi, – forse è una presunzione la mia, io che sono così povero in tante cose delle quali voi abbondate... bontà, fermezza tutte le qualità più nobili., dubitare di voi o darvi un consiglio; ma voi sapete quanto vi voglio bene, e quanto vi debbo. Non sareste voi capace di sacrificarvi a un malinteso sentimento di dovere?
Più agitata per un istante di come io l’avessi mai veduta, ritrasse la mano dalla mia, e indietreggiò d’un passo.
– Ditemi che non pensate a una cosa simile, Agnese cara, più cara d’una sorella. Pensate all’impareggiabile dono d’ un cuore come il vostro, d’un amore come il vostro.
Oh, per molto, molto tempo dopo, vidi quel viso levarsi innanzi a me col suo grave sguardo, senza stupore, né rimprovero, né rimpianto! Oh, per molto, molto tempo dopo, vidi quello sguardo mitigarsi, come fece allora, in un sorriso, dicendomi che ella non aveva alcun timore di se stessa... che io non dovevo avere alcun timore per lei... e andò via chiamandomi fratello, e scomparve!
Era ancor buio la mattina quando salii nella diligenza alla porta dell’albergo. Spuntava l’alba al momento della partenza, e allora, nell’atto che ripensavo a lei, vidi, tra il lusco e il brusco, la testa di Uriah che s’arrampicava accanto a me.
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Agnese Capisco Dio Caro Trotwood Agnese Agnese Uriah
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