Egli era più grigio, con le rughe sul viso e sulla fronte più profonde, e pareva che si fosse affannato ad errare sotto i climi più diversi; pure mostrava alcun che di forte e come una saldezza di propositi che nulla poteva fiaccare. Si scosse la neve dal cappello e dagli abiti, si asciugò il viso, e si sedette a una tavola di fronte a me con la schiena alla porta per la quale eravamo entrati, stendendomi di nuovo la mano, e stringendo cordialmente la mia.
– Vi dirò, signorino Davy – egli disse – dove sono stato e tutto ciò che ho saputo. Sono stato lontano, ed ho saputo poco; ma vi dirò.
Sonai il campanello per ordinar qualcosa da bere. Egli non volle che un po’ di birra, ma aspettando che gliela portassero e venisse scaldata al fuoco, rimase in atteggiamento meditabondo. V’era nel suo viso una bella, solenne gravità che non m’arrischiavo a turbare.
– Quand’ero ragazzo – egli disse, sollevando la testa non appena fummo soli – ella soleva parlarmi molto del mare, e di quelle coste dove il mare diventava turchino, e dove scintillava, scintillava al sole. Io pensai varie volte che suo padre, che era morto annegato, le mettesse in mente queste idee. Non so, sapete, ma forse essa credeva... o sperava... che egli fosse stato trasportato verso quelle rive dove le piante fioriscono sempre, e il sole è sempre lucente.
– Dev’essere stata una fantasia infantile – risposi.
– Quand’ella si... smarrì – disse il pescatore Peggotty – ritenni per sicuro che lui l’avrebbe condotta in quei paesi. N’ero sicuro, perché le aveva detto meraviglie di quei paesi, e che laggiù essa doveva essere sua moglie, e con simili ciance s’era fatto ascoltar da lei.
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Davy Peggotty
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