Allora dicevo che ero in viaggio in cerca di mia nipote, e mi facevo dire quali viaggiatori fossero nell’albergo, e aspettavo per veder entrare o uscire qualcuna che le somigliava. Quando vedevo che non era Emilia, mi rimettevo di nuovo in viaggio. A poco a poco, arrivando nei paesi nuovi, fra la povera gente, m’accorgevo d’esser già conosciuto. Mi facevano fermare alle porte delle loro case, e mi davano qualche cosa da mangiare e bere, e m’indicavano dove poter dormire; e molte donne, signorino Davy, che avevano una figliuola dell’età di Emilia, mi stavano aspettando innanzi alla Croce del nostro Salvatore fuori del villaggio, per usarmi le stesse gentilezze. Ad alcune erano morte le figliuole. E il Cielo sa quanta bontà materna m’addimostrarono!
Marta era alla porta. Vedevo il suo viso selvaggio e intento in ascolto. Il mio timore era ch’egli dovesse volger la testa e vederla.
– Spesso mi mettevano i loro bambini... specialmente le bambine – disse il pescatore Peggotty – sulle ginocchia; e molte volte si sarebbe potuto vedermi sulle loro soglie, la sera, quasi come se fossero stati i figliuoli della mia Diletta. Oh, la mia Diletta!
Oppresso da un’improvvisa angoscia, egli singhiozzava forte. Misi la mia mano tremante sulla mano con cui si copriva il viso.
– Grazie, signore – egli disse – scusatemi.
Dopo un momento si scoprì il viso, si mise la mano sul petto e continuò il racconto.
– La mattina – egli disse – spesso ero accompagnato da quella buona gente per un miglio o due di strada; e quando li lasciavo, e dicevo: «Io vi son tanto grato!
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