Dio vi benedica!» sembrava che capissero ciò che dicevo, e rispondevano benevolmente. Finalmente mi misi in mare. Non fu difficile, potete crederlo, a un marinaio come me, guadagnarsi il passaggio fino in Italia. Quando vi arrivai, andai errando come avevo fatto prima. La gente con me si mostrò buona lo stesso, e sarei andato di città in città, e anche di paese in paese, se non avessi avuto notizia che ella era stata vista fra le montagne svizzere. Uno che conosceva il servo di lui li aveva visti tutti e tre: mi disse come viaggiavano, e dove erano. Camminai verso quelle montagne, signorino Davy, giorno e notte. Più lontano andavo, e più mi pareva che quelle montagne si allontanassero da me. Ma finalmente fui su e le attraversai. Non lontano dal luogo del quale mi s’era parlato, cominciai a dire fra me e me: «Che farò quando la vedrò?».
Il viso intento, insensibile alla notte inclemente, si abbassò accanto alla porta, e le mani mi pregarono – mi supplicarono – di non scacciarlo.
– Non ho mai dubitato di lei – disse il pescatore Peggotty. – No, neanche per un istante. Avesse potuto soltanto vedermi in faccia, udir la mia voce, vedermi ancora una volta innanzi a lei a ricordarle la casa donde era fuggita e la bambina ch’ella era stata, e se anche fosse diventata una principessa di sangue reale, si sarebbe gettata ai miei piedi. N’ero più che sicuro. Molte volte in sogno l’avevo sentita gridare: «Zio!» e veduta cader come morta innanzi a me. Molte volte in sogno l’avevo sollevata dal suolo, e le avevo bisbigliato: «Emilia, diletta mia, io son venuto apportarti il perdono, e a ricondurti a casa».
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Italia Davy Peggotty
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