Penosamente raccolse le lettere, lisciandole con le dita; e le riunì in un pacchetto che si mise di nuovo teneramente in petto. Il viso era sparito dalla porta: vidi la neve entrarvi; ma non c’era altro.
– Bene! – egli disse, guardando il suo fardello. – Avendovi veduto stasera, signorino Davy (e m’ha fatto tanto bene!), andrò via presto, domani mattina. Voi avete veduto ciò che ho qui – e mise la mano dove stava il pacchetto: – quello che mi turba è il pensiero che mi potrebbe accader qualche disgrazia, prima d’aver restituito questo denaro. Se dovessi morire, e andasse perduto, o rubato, o altrimenti disperso, e che egli potesse credere che io me lo fossi tenuto, credo che l’altro mondo non mi potrebbe trattenere. Credo che ritornerei.
Si levò, e mi levai anch’io; ci stringemmo di nuovo la mano prima di uscire.
– Farei diecimila miglia – egli disse – camminerei finché cadessi morto, per gettargli questo denaro ai piedi. Se posso far questo, m’auguro soltanto ch’ella qualche giorno venga a sapere che il suo caro zio cessò d’andare in cerca di lei soltanto quando cessò di vivere; e anche questo, se ben la conosco, la farà finalmente tornare a casa.
Come egli uscì nella notte rigida, vidi fuggire innanzi a noi la solitaria apparizione. Mi voltai con un pretesto, e lo tenni in conversazione finché quella non si fosse dileguata.
Egli mi parlò d’un albergo sulla strada di Dover, dove avrebbe avuto una semplice ma pulita cameretta per la notte. Lo accompagnai fin sul ponte di Westminster, e mi separai da lui sulla sponda di Surrey.
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Avendovi Davy Dover Westminster Surrey
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