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      Spedita questa missiva, il signor Copperfield cadde in uno stato di profonda agitazione nervosa, che durò fino al giorno dell’appuntamento.
      Il fatto di esser privato, in quella crisi feconda di eventi, degl’inestimabili servigi della signorina Mills aumentò grandemente la mia ansietà. Ma il signor Mills, che faceva sempre qualche cosa per darmi noia – mi sembrava almeno che fosse così; il che per me era lo stesso – era arrivato alla peggiore estremità, mettendosi in testa di partire per le Indie. Perché andare in India, sé non per farmi dispetto? Certo non aveva nulla a che fare con qualsiasi altra parte del mondo, e molto con quella invece, perché con le Indie aveva avviato tutto il suo commercio, qualunque si fosse (avevo delle nozioni vaghe, sul soggetto, di scialli d’oro e di denti d’elefante); perché era stato a Calcutta nella sua giovinezza, e si proponeva di andarvi di bel nuovo, nella qualità di socio residente della sua ditta. Ma questo a me non importava. Il fatto sta che importava a lui, che si preparava a partire per le Indie e a condur Giulia con sé; e Giulia era in viaggio per andare a salutare i suoi parenti; e la casa era ornata d’una bella serie di cartelli che annunciavano che era da appigionare o da vendere, e che i mobili (con la macchina del bucato e il resto) si vendevano al miglior offerente. Ecco dunque un altro terremoto di cui io, prima d’essermi riavuto dall’urto di quello che lo aveva preceduto, diventavo la vittima disgraziata.
      Ero incerto sulla maniera di vestirmi in quel giorno solenne, diviso com’ero fra il desiderio d’apparire più che potessi elegante e il timore d’indossar cosa che potesse diminuire in qualche modo la mia serietà agli occhi delle signorine Spenlow.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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