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      In complesso non eran gran che diverse dagli uccelli, ché avevano nelle loro maniere brevi, vive, subitanee, e nel raggiustarsi e attillarsi certo modo leggiadro e rapido di canarini.
      La signorina Lavinia, come ho detto, riprese:
      – Voi domandate a mia sorella Clarissa e a me, signor Copperfield, il permesso di visitarci come fidanzato di nostra nipote.
      – Se nostro fratello Francesco – disse la signorina Clarissa, interrompendo di nuovo, se posso chiamare interruzione un modo di fare così calmo – si compiacque di circondarsi dell’atmosfera del Doctor’s Commons, e solo di quella del Doctor’s Commons, avevamo noi il diritto o la facoltà di opporci? No, certo. Noi non abbiamo mai cercato d’imporci a nessuno. Ma perché non dirlo? Nostro fratello Francesco e sua moglie erano padroni di scegliersi la compagnia che meglio loro piaceva. Mia sorella e io eravamo padrone di sceglierci la nostra. Potevamo trovarcela da noi, credo!
      Siccome queste parole erano rivolte a Traddles e a me, Traddles e io tentammo di dare una specie di risposta. Quella di Traddles fu impercettibile. E la mia credo che dicesse che la cosa era onorevole per tutti. Che cosa poi significasse, non so.
      – Sorella Lavinia – disse la signorina Clarissa, con l’animo oramai più leggero – Puoi continuare, cara.
      La signorina Lavinia continuò:
      – Signor Copperfield, mia sorella Clarissa e io abbiamo considerato lungamente la vostra lettera; e non abbiamo ommesso di mostrarla finalmente a nostra nipote, e di discuterla con lei. Noi non abbiamo alcun dubbio che voi credete di volerle molto bene.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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