Io non la approvo. È inutile dirvi che io non sono di natura accomodante, e che voglio evitare ogni indebita intrusione. Non sono disposto a correre il rischio, se posso evitarlo, di un complotto contro di me.
– Voi ordite sempre complotti, e immaginate che tutti gli altri facciano lo stesso – dissi.
– Sarà così, signorino Copperfield – egli rispose. – Ma io ho uno scopo, come soleva dire il mio socio, e per raggiungerlo raccolgo tutte le mie forze. Non voglio che, perché sono umile, mi si traversi la strada. Che nessuno m’impedisca d’andare innanzi. Veramente, bisognerà che io li metta a posto, signorino Copperfield.
– Io non vi capisco – dissi.
– Forse – rispose con uno dei suoi sussulti. – Mi meraviglio, signorino Copperfield, voi di solito così intelligente! Uh! Un’altra volta cercherò d’essere più chiaro... Non è il signor Maldon quello a cavallo che suona alla porta?
– Sembra lui – risposi, con la maggiore indifferenza possibile.
Uriah a un tratto s’interruppe, si mise le mani fra le ginocchia, e sì piegò in due a furia di ridere: un riso perfettamente silenzioso, senza uno scarto. Ero così indignato per il suo ignobile contegno, specialmente per quell’atto finale, che gli voltai le spalle senza cerimonie; e lo lasciai curvo in mezzo al giardino come uno spauracchio senza sostegno.
Non fu quella sera; ma, se ben ricordo, due giorni dopo, di sabato, che condussi Agnese a far la conoscenza di Dora. Avevo già predisposto la visita con la signorina Lavinia; ed Agnese era attesa per l’ora del tè.
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