Agnese disse che ella temeva che io avessi fatto di lei un ritratto poco lusinghiero; ma Dora la corresse subito.
– Oh, no! – ella disse, scotendo i riccioli. – Lui non fa che lodarvi. Fa tanto conto della vostra opinione, che io la temevo per me.
– La mia buona opinione non può rafforzare il suo affetto per certe persone ch’egli conosce – disse Agnese con un sorriso – ed egli non ha che farsene della mia opinione.
– Ma ditemela lo stesso – disse Dora, carezzevole – se non vi dispiace.
Noi ridemmo tanto di Dora, che ci teneva molto a farsi voler bene, e Dora disse che io ero un’oca, e che non mi voleva bene affatto affatto, e la breve serata trascorse con ali veloci. Era l’ora di riprender l’omnibus. Io stavo solo innanzi al fuoco, quando Dora venne furtivamente, prima che me n’andassi, a darmi quel solito suo prezioso bacetto.
– Non pensi che se da molto tempo avessi avuto un’amica simile, Doady – disse Dora, scintillando dagli occhi, e con la manina affaccendata con un bottone della mia giacca – sarei stata molto più saggia?
– Amor mio – dissi – che dici mai!
– Tu credi che io dica una sciocchezza? – rispose Dora, senza guardarmi. – Ne sei sicuro?
– Sì, che ne sono sicuro.
– Ho dimenticato – disse Dora, ancora facendo girare con le dita il bottone – il tuo grado di parentela con Agnese.
– Nessuna parentela – risposi; – ma siamo cresciuti insieme come fratello e sorella.
– E non capisco per che ragione mai tu ti sia innamorato di me – disse Dora, cominciando a far girare un altro bottone della giacca.
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