S’era rivolto al dottore, che aveva cacciato un lamento; un lamento che avrebbe commosso qualunque cuore, credo, ma che non ebbe effetto su quello di Uriah.
– ... ho detto al dottor Strong – egli continuò – che chiunque può vedere che il signor Maldon, e la cara e bella signora che è la moglie del dottore son troppo teneri l’uno per l’altro. Realmente è giunto il tempo (ora che tutti ci mischiamo in ciò che non ci appartiene) di dire al dottor Strong, che la cosa era chiara a tutti come il sole, prima che il signor Maldon se n’andasse in India; che per nessun altro scopo il signor Maldon trovò dei pretesti per ritornare in patria; e che egli è sempre qui per la stessa ragione. Quando voi siete entrato, signore, stavo appunto pregando il mio socio – e si volse al signor Wickfield – di dire al dottor Strong, sulla sua parola d’onore, se anche lui da lungo tempo non sia della mia stessa opinione. Su, parlate, signor Wickfield. Siate così buono da dircelo. Sì o no, signore? Su, caro il mio socio!
– Per l’amor di Dio, mio caro dottore – disse il signor Wickfield, mettendo di nuovo una mano indecisa sul braccio del dottore – non date troppa importanza a quel qualunque sospetto che io possa aver avuto.
– Ecco! – esclamò Uriah, scotendo il capo.
– Quale melanconica conferma delle mie parole. Lui! Un così vecchio amico! Ma che Iddio vi benedica, Copperfield, quando io ero scrivano nel suo studio, l’avrò veduto venti volte, non una sola, tutto turbato (e a ragione, perché era padre, e nessuno può fargliene un rimprovero) perché la signorina Agnese si trovava mischiata in cose che non dovevano avvenire.
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