– Oh, è un tratto della vostra gentilezza, Copperfield! – rispose Uriah, con un’ignobile ondulazione. – Sappiamo tutti come siete amabile; ma non ignorate che quando vi parlai l’altra sera, mi comprendeste benissimo. Mi comprendeste benissimo, Copperfield. Perché negarlo? Lo negate con le migliori intenzioni, ma non negatelo, Copperfield.
Vidi il mite occhio del vecchio e buon dottore volgersi a me per un istante, e sentii che la confessione dei miei antichi dubbi e sospetti era troppo chiaramente scritta sul mio viso per tentar di negarlo. Era inutile andare in furia. Non potevo contraddirmi, non potevo cancellar nulla.
Ci fu di nuovo silenzio, e si rimase così, finché il dottore non si levò e passeggiò due o tre volte su e giù nella stanza. Tornò poi alla poltrona, e appoggiandosi alla spalliera, e portandosi di tanto in tanto il fazzoletto agli occhi, disse, con una lealtà schietta che gli faceva più onore di qualunque simulazione:
– Sono stato meritevole d’ogni biasimo. Credo d’aver meritato ogni biasimo. Ho esposto una persona che tiene il primo posto nel cuor mio a sospetti e a calunnie... le chiamo calunnie, anche se furono concepite nell’imo dei cuori... delle quali, senza di me, ella non sarebbe mai stata l’oggetto...
Uriah Heep soffiò fortemente per il naso; forse per esprimere la sua simpatia.
– ... delle quali la mia Annie – disse il dottore – senza di me, non sarebbe mai stata l’oggetto. Signori, io sono vecchio ora, come sapete; e sento, stasera, che non mi rimane molto da vivere.
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