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      Con le tenere espressioni dei miei figliuoli, e un sorriso dal fortunatamente inconscio nuovo arrivato, io rimango, caro signor Copperfield, la vostra afflitta
      «Emma Micawber».
     
      Non mi sentii in diritto di dare a una donna dell’esperienza della signora Micawber un consiglio diverso da quello di cercare di riconquistare il signor Micawber a forza di pazienza e di bontà (della quale cosa ero a ogni modo sicuro); ma la sua lettera non mi diede perciò meno da pensare.
      XLIII.
      UN ALTRO SGUARDO AL PASSATOSostiamo di nuovo innanzi a un periodo memorabile della mia vita. Tiriamoci da parte per veder sfilare in una oscura processione i fantasmi, accompagnati dalla mia stessa ombra, di quei giorni che furono.
      Settimane, mesi, stagioni, si dileguano, e mi sembrano poco più d’una giornata estiva e d’una serata invernale. Ora la campagna dove vado a passeggio con Dora è tutta un fiore, un campo d’oro lucente; e ora la brughiera invisibile giace a poggetti e a monticelli sotto una coltre di neve. In meno d’un soffio, il fiume che scorre a traverso le nostre passeggiate della domenica scintilla al sole d’estate, è increspato dal vento invernale, o appesantito da mobili lastre di ghiaccio. Più rapido che mai il fiume corre verso il mare, balena, s’oscura e dilegua.
      Non un filo è mutato in casa delle due vecchie sorelle che mi dan l’immagine di due uccelli. Il pendolo sul caminetto continua il suo tic-tac, il barometro continua a rimaner sospeso nel vestibolo. Né l’orologio né il barometro sono mai esatti; ma noi crediamo in entrambi, devotamente.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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