Sono legalmente maggiorenne. Ho raggiunto la dignità dei ventun anni. Ma è una specie di dignità che chiunque può conseguire. Vediamo piuttosto ciò che ho saputo fare.
Ho domato quell’arte selvaggia che si chiama la stenografia, e ne traggo dei rispettabili guadagni. Ho una gran riputazione per la mia abilità in tutti i misteri di quell’arte, e faccio parte d’una schiera di dodici stenografi che raccolgono le discussioni parlamentari per un giornale del mattino. Tutte le sere, prendo nota di predizioni che non si avverano mai, di programmi che non sono mai messi in esecuzione, di spiegazioni fatte unicamente per dar polvere negli occhi. Io faccio continue orge di parole. Britannia, l’infelice donna, mi sta sempre dinanzi, come un pollo allo spiedo, ben pulito e lardellato: passato da parte a parte da penne d’acciaio, e legato e stretto, intorno intorno, da un nastrino rosso. Sto dietro le quinte abbastanza per sapere il valore della vita politica: quindi politicamente sono un incredulo, e non sarò mai un convertito.
Il mio caro amico Traddles s’è provato anche lui nello stesso lavoro, ma senza riuscirvi. Non ha perso il buon umore per il suo insuccesso, e mi ricorda che egli s’è considerato sempre di duro comprendonio. Lo stesso giornale dove io lavoro lo impiega di tanto in tanto a raccogliere fatti, che poi sono trascritti e abbelliti da penne più abili. Egli entra nel foro, e con ammirabile industria e abnegazione è riuscito a raggranellare un altro centinaio di sterline da offrire a un procuratore del quale frequenta lo studio.
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Traddles
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