Certo la chiesa è abbastanza calma; ma un telaio a vapore in piena azione forse avrebbe avuto su me un effetto più calmante. Son troppo agitato per sentir l’azione delle impressioni esterne.
Il resto è tutto un sogno più o meno incoerente.
Un sogno l’ingresso di tutti e di Dora; un sogno la donna che ci apre i banchi, come un sergente istruttore, innanzi alla balaustrata dell’altare; un sogno la mia stessa domanda di quel momento sul perché le donne che aprono i banchi in chiesa debbano essere le più sgraziate del mondo, e se un pio timore di un disastroso contagio di buon umore renda necessario l’uso di quei vasi d’aceto sulla via del paradiso.
Un sogno l’apparizione del pastore e del chierico; i pochi barcaiuoli e alcune altre persone che sono entrati; un vecchio marinaio dietro di me che riempie la chiesa d’un forte odore di rum; il servizio che comincia a esser letto con voce grave, e la nostra profonda attenzione.
Un sogno la signorina Lavinia, che fa da damigella d’onore semi-ausiliaria, ed è la prima a piangere, facendo omaggio (come io credo) alla memoria di Pidger; Agnese che ha cura di Dora; mia zia che si sforza di apparire un modello di gravità, mentre le lagrime le rigano il viso; la piccola Dora, che trema tutta, e risponde con fiochi bisbigli.
Un sogno il nostro inginocchiarsi insieme, a fianco a fianco; Dora, che trema sempre meno, ma s’aggrappa sempre alla mano d’Agnese; il servizio che continua tranquillo e grave; noi ci guardiamo a vicenda in una condizione di mese d’aprile tra lagrime e sorrisi, quando la cerimonia è finita; la mia giovine moglie che nella sagrestia si commuove e piange per il suo povero papà, il suo caro papà.
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