La nuova fermata di Dora, che si volta ancora, e corre da Agnese, per darle il suo ultimo bacio e il suo ultimo addio.
Finalmente eccoci in vettura insieme, ed io mi sveglio dal sogno. Finalmente credo alla realtà. Accanto a me, ecco la mia cara, cara mogliettina, alla quale voglio tanto bene.
– Sei felice ora, sciocco? – dice Dora. – E sei sicuro che non te ne pentirai?
Mi son tratto da parte per vedere sfilare i fantasmi dei giorni trascorsi. Ora che son passati, ripiglio il filo della mia storia.
XLIV.
IN CASA NOSTRAAndate via le damigelle d’onore, e trascorsa la luna di miele, mi parve strano trovarmi solo con Dora nella nostra casetta; e privo assolutamente, se m’è lecito dire, della deliziosa antica occupazione di fare all’amore.
Era una cosa così straordinaria aver Dora sempre con me! Mi sembrava così strano non esser costretto ad uscire per vederla, non aver motivo di torturarmi per lei, non doverle scrivere, non dovere scervellarmi per cercar l’occasione d’esser solo con lei. A volte, la sera, quando levavo gli occhi dal lavoro, e me la vedevo seduta di fronte, solevo appoggiarmi alla spalliera della sedia, pensando ch’era curioso che noi stessimo lì, soli insieme, come se fosse la cosa più naturale del mondo – che nessuno ficcava più il naso nelle nostre faccende – che tutto il romanzo del nostro fidanzamento era stato messo su uno scaffale a dormire – che non dovevamo far altro che piacerci a vicenda, per tutta la vita.
Quando c’era una seduta alla Camera, ed io ero costretto a far tardi la sera, mi sembrava così strano, avviandomi per rincasare, che a casa mi aspettasse Dora.
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