Son perciò disposto a credere che ella fosse svenuta, al momento che la trovammo senza conoscenza sotto la marmitta; e che i cucchiaini da tè mancanti li avesse fatti sparire l’uomo dell’immondizia.
Ma ella ci sconvolgeva la mente. E noi sentivamo la nostra inesperienza, e ci sentivamo incapaci di cavarcela da noi. Saremmo stati in sua mercé, s’ella ne avesse avuta; ma era una donna spietata, e non ne aveva. Fu lei la causa del nostro primo piccolo litigio.
– Dilettissima mia – dissi un giorno a Dora – credi che Maria Anna abbia qualche idea del tempo?
– Perché, Doady? – chiese Dora, levando la testa, con la più grande innocenza, dal suo disegno.
– Perché, amor mio, sono le cinque, e dovevamo desinare alle quattro.
Dora diede un’occhiata all’orologio, e osservò di avere il sospetto che andasse avanti.
– Al contrario, amor mio – dissi, consultando quello del mio taschino: – va un po’ indietro.
La mia mogliettina venne a sedermisi sulle ginocchia, per carezzarmi e farmi star zitto, e mi tracciò una linea con la matita in mezzo al naso. Le sue carezze mi piacevano, ma con esse non potevo desinare.
– Non sarebbe bene, mia cara – dissi – che tu facessi le tue rimostranze a Maria Anna?
– Oh, no, per carità! Non potrei, Doady! – disse Dora.
– Perché no, amor mio? – chiesi gentilmente.
– Perché sono tanto sciocchina – disse Dora – e lei lo sa.
Credetti questo sentimento così incompatibile con qualunque sistema di riforma di Maria Anna, che m’accigliai un po’.
– Oh, che brutte rughe che hai in fronte, cattivo!
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