Questo m’incoraggiò a sbarazzarmi di Maria Anna, che se n’andò con tanta tranquillità, appena ebbe intascato il salario, che io ne rimasi sorpreso, finché non scopersi la faccenda dei cucchiaini da tè, e certi prestiti di piccole somme, fatti da lei in mio nome, presso i bottegai del quartiere. Dopo un intervallo di certa Kidgerbury – la più vecchia abitante di Kentis Town, credo, che andava in servizio a giornata, ma era troppo debole per la pratica effettuazione delle sue idee di quell’arte – trovammo un altro tesoro, che era una donna piacevolissima, ma che generalmente s’ostinava a cadere, tutte le volte che aveva in mano il vassoio, salendo o scendendo per le scale della cucina, e a crollare in un mucchio nel salotto, come in un bagno, con le tazze e la teiera. Gli stermini commessi da quella sciagurata resero necessario il suo congedo, che fu seguito (con intermezzi della domestica provvisoria Kidgerbury) da una lunga schiera di Incapaci, la quale terminò con una ragazza di nobile aspetto, che si recò alla fiera di Greenwich col cappello di Dora. Dopo la quale, non ricordo che una media eguaglianza di insuccessi.
Pareva che quanti avessero qualche cosa da fare con noi, tirassero a ingannarci. Il nostro ingresso in una bottega era il segnale dell’apparizione immediata dei fondi guasti di magazzino. Se compravamo un’aragosta era piena d’acqua. Tutta la carne che ci portavano a casa era coriacea, e il nostro pane era quasi senza crosta. In cerca del principio che governa la cottura a punto d’un arrosto, consultai io stesso il Libro di cucina, e vi appresi che bisognava concedere un quarto d’ora a ogni libbra di carne, e un quarto di più per il tutto.
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