– Ci hai pensato tu? – dissi io, in estasi.
– S... sì, Doady – disse Dora.
– Che bella idea! – esclamai, mettendo giù il trinciante e la forchetta. – Traddles va matto per le ostriche.
– S... sì, Doady – disse Dora – e ne ho comprate un bel bariletto, e l’uomo mi ha detto che erano ottime. Ma io... io temo che abbiano qualche cosa. Non mi sembrano buone. – Qui Dora scosse il capo, e dei diamanti le scintillarono negli occhi.
– Sono aperte soltanto a metà – dissi. – Togli il guscio di sopra, amor mio.
– Ma non si stacca – disse Dora, facendo forza, con l’aria più angosciata.
– Sai, Copperfield – disse Traddles, esaminando lietamente il piatto – io credo sia perché... le ostriche sono belle, ma credo sia perché... non sono mai state aperte.
Non erano mai state aperte; e non avevamo coltelli adatti; e non avremmo saputo usarli, avendoli; così guardammo le ostriche e mangiammo il castrato. Per lo meno ne mangiammo la porzione che era cotta, accompagnandola coi capperi. Se glielo avessi permesso, son convinto che Traddles si sarebbe comportato alla guisa d’un selvaggio, mangiandosi tutto un piatto di carne cruda, per convincermi che il pasto era di sua perfetta soddisfazione; ma non volli che si immolasse sull’altare dell’amicizia; e ci gettammo invece su un pezzo di lardo: c’era, fortunatamente, un po’ di lardo nella credenza.
La mia povera mogliettina fu così desolata al pensiero che io fossi seccato, e così vibrante di gioia quando trovò il suo sospetto infondato, che il mio segreto disappunto svanì subito, e passammo una sera felice.
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