Ma generalmente, quando levavo la testa, vedevo i suoi occhi azzurri fissarmi con l’attenzione tranquilla di cui ho già parlato.
– Oh, come devi essere stanco! – disse Dora una sera, nel momento che chiudevo lo scrittoio.
– E come devi essere stanca tu! – dissi io. – Questo è più esatto. Un’altra volta devi andare a letto, mia cara. È troppo tardi per te.
– No, non mi mandare a letto! – supplicò Dora, mettendomisi a fianco. – Te ne prego, non lo fare.
– Dora!
Con mio stupore mi singhiozzava sul collo.
– Non ti senti bene, mia cara? Che cosa hai?
– Non ho nulla, mi sento bene! – disse Dora. – Ma promettimi che mi lascerai stare a guardarti scrivere.
– Ma a mezzanotte non è un bello spettacolo per i tuoi occhi lucenti! – risposi.
– Sono lucenti dunque? – rispose Dora, ridendo. – Sono così contenta che siano lucenti.
– Piccola vanitosa! – esclamai.
Ma non era vanità; era soltanto innocente gioia della mia ammirazione. E lo sapevo bene, prima ch’ella me lo dicesse.
– Se tu li credi belli, dimmi che potrò sempre rimanere a guardarti scrivere! – disse Dora. – Ti sembrano belli?
– Bellissimi.
– Allora lasciami sempre fermare a vederti scrivere.
– Ho paura che la loro lucentezza ne soffrirà, Dora.
– Sì, certo. Perché, tu allora, mio caro sapientone, non mi dimenticherai quando sei pieno di fantasie silenziose. Ti dispiacerà, se ti dico qualche cosa molto, ma molto sciocca... più sciocca del solito? – chiese Dora, guardandomi negli occhi, standomi sulla spalla.
– Che meraviglia sarà mai? – dissi.
– Lasciami tener le penne – disse Dora.
| |
Dora Dora Dora Dora Dora Dora Dora Dora
|