Ignaro di questa profezia, il signor Dick continuava ad occupare precisamente lo stesso terreno nei rapporti col dottore e con la signora Strong. Pareva che non andasse né innanzi, né indietro. Pareva si fosse piantato nelle sue basi, come un edificio, e vedergli dare un passo, debbo confessare, m’avrebbe meravigliato come veder camminare una casa.
Ma una sera, alcuni mesi dopo il mio matrimonio, il signor Dick fece capolino nel salotto, dove io ero occupato a scrivere solo (Dora era andata con mia zia a prendere il tè dai due uccellini), e disse con una tosse piena di significato:
– Ti incomoderebbe, temo, scambiar due chiacchiere con me, Trotwood?
– Ma no, signor Dick – dissi: – favorite.
– Trotwood – disse il signor Dick, mettendosi il dito sul naso, dopo avermi data una stretta di mano, – prima di sedermi, permettimi una osservazione. Conosci tua zia?
– Un pochino – risposi.
– È la più meravigliosa donna del mondo, Trot.
Dopo questa solenne comunicazione, che egli fece esplodere come una carica di cannone, il signor Dick si sedette con maggiore gravità del solito, e mi guardò fisso.
– Ora, figlio mio – disse il signor Dick – ti debbo fare una domanda.
– Son pronto a rispondervi – dissi.
– Che cosa pensi di me? – chiese il signor Dick, incrociando le braccia.
– Che siete il mio vecchio e buon amico.
– Grazie, Trotwood – rispose il signor Dick, ridendo, e stendendo le braccia per stringermi le mani con grande espressione. – Ma intendo, figlio mio – e si rifece grave – che cosa pensi di me riguardo a questo?
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