– e si toccò la fronte.
Non sapevo che rispondergli, ma egli mi venne in aiuto con poche parole.
– Che ho la mente debole?
– Ma... – gli risposi, con qualche esitazione – forse un po’...
– Precisamente! – esclamò il signor Dick, che sembrò andare in visibilio per la mia risposta. – La ragione è perché quando trassero un po’ dello scompiglio dalla testa di... tu sai chi voglio dire... e lo misero dove tu sai, vi fu un... – Il signor Dick fece girare velocissimamente le mani l’una intorno all’altra un gran numero di volte, e poi le batté l’una contro l’altra, e le rotolò l’una sull’altra, per esprimere una gran confusione. – Ecco ciò che mi fu fatto, ecco!
Gli feci un cenno di assenso, ch’egli ripeté.
– Insomma, figlio mio – disse il signor Dick, abbassando la voce al tono d’un bisbiglio – io sono sciocco.
Avevo in animo di attenuare quella conclusione, ma egli mi fermò.
– Sì, sono sciocco. Ella dice di no, e non vuole che io lo dica; ma io sono sciocco, e so di esserlo. Se non l’avessi avuta per amica, Trot, da anni sarei stato rinchiuso, e avrei condotto una vita tristissima. Ma non le sarò sconoscente. Non spendo mai il denaro che guadagno facendo il copista. Lo metto in un salvadanaio. Già ho fatto testamento, e lascerò tutto a lei. Ella sarà ricca... e vivrà nobilmente.
Il signor Dick trasse di tasca il fazzoletto, e si asciugò gli occhi. Poi lo piegò con gran cura, lo lisciò fra le dita, se lo rimise in tasca, e sembrò che nello stesso istante mettesse da parte mia zia.
– Tu sei istruito, Trotwood – disse il signor Dick.
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