Che a quella vista la signora Markleham lasciò cadere il giornale, e assunse tale atteggiamento di meraviglia che avrebbe potuto servir da modello a una testa da mettere a prua d’un bastimento col nome Lo Stupore.
Ma la dolcezza e la sorpresa dimostrate dal dottore, la dignità e l’atteggiamento di preghiera della moglie, la serietà pensosa del signor Dick, e la gravità con la quale mia zia si diceva: «Quello lì, matto!» (che esprimeva il sentimento d’orgoglio per la condizione di miseria da cui ella lo aveva salvato), tutto questo non ricordo soltanto, mentre scrivo, ma vedo ancora e sento.
– Dottore! – disse il signor Dick. – Che andate cercando, guardate qui!
– Annie – esclamò il dottore – non ai miei piedi, cara!
– Sì – ella disse. – Vi supplico tutti di non andarvene. Oh, marito e padre mio, rompi codesto lungo silenzio! Cerchiamo finalmente di sapere ciò che ci separa.
La signora Markleham aveva ricuperato, in quel frattempo, la sua facoltà di loquela, e gonfia d’orgoglio familiare e di materna indignazione, esclamò:
– Annie, alzati immediatamente, e non disonorare tutti i tuoi parenti umiliandoti in tal maniera, se non mi vuoi vedere impazzire al l’istante.
– Mamma – rispose Annie – non m’interrompere: io mi son rivolta a mio marito, e tu qui non conti nulla.
– Nulla! – esclamò la signora Markleham. – Io, nulla! Mia figlia ha dovuto perdere la testa. Per carità, un bicchiere d’acqua!
Ero troppo intento al dottore e alla moglie, per badare a questa domanda; e, siccome nessuno si mosse la signora Markleham ansimò, spalancò gli occhi e continuò ad agitare il ventaglio.
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