Io gli avevo voluto bene: – ella parlava piano, ma senza alcuna esitazione – molto bene. Piccini, eravamo stati innamorati. Se le circostanze non avessero disposto diversamente, forse mi sarei persuasa che veramente gli volevo bene, e l’avrei sposato, e sarei stata infelice. Non v’è peggiore disparità, nel matrimonio, del disaccordo in fatto di carattere e di idee.
Io stetti a meditare su quelle parole, pur continuando ad ascoltare attentamente il resto, come se avessero uno speciale interesse, o qualche strana applicazione che non potessi ancora penetrare, «Non v’è peggiore disparità nel matrimonio del disaccordo in fatto di carattere e di idee...»; «peggiore disparità nel matrimonio del disaccordo in fatto di carattere e di idee».
– Non v’è nulla – disse Annie – di comune fra noi. Da molto tempo me ne sono accorta. Se non avessi altra ragione per esser grata a mio marito, io che ne ho tante, gli sarei grata per avermi salvata dal primo erroneo impulso d’un cuore indisciplinato.
Ella stava assolutamente calma, innanzi al dottore, e parlava con una sincerità che mi toccava fin nell’intimo. Pure la sua voce era tranquilla come dianzi.
– Quando egli attendeva d’esser l’oggetto della tua munificenza, così generosamente con cessagli per amor mio, e quando io ero sconsolata per l’apparenza mercenaria che mi si faceva assumere, pensavo che sarebbe stato più onorevole per lui trovarsi la strada da sé. Pensavo che se fossi stata nei suoi panni, mi sarei sforzata di trovarla, a costo d’ogni sacrificio.
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Annie
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