Son lieto che il tempo v’abbia fatta più tenera, signorina Dartle.
Non si degnò di rispondermi, ma volgendomisi con un riso di sprezzo, disse: – Gli amici di quella eccellente e disgraziatissima ragazza sono amici vostri. Voi siete il suo paladino, e difendete i loro diritti. Volete che vi dica tutto ciò che si sa di lei?
– Sì – dissi.
Si levò con un sorriso maligno, e dando pochi passi verso una siepe di bossi lì vicina, che separava il prato dall’orto, disse ad alta voce: «Venite qui!», come se chiamasse qualche animale immondo.
– Spero che qui non vi permetterete alcun atto di vendetta o di rappresaglia, signor Copperfield – disse, guardandomi con la stessa espressione.
Io m’inchinai senza comprendere che cosa volesse dire; ed ella disse: «Venite qui», di nuovo; e tornò seguita dal rispettabile Littimer, che con la sua solita rispettabilità, mi fece un inchino, e si piantò dietro di lei. L’espressione di grazia malvagia e di trionfo, nella quale, strano a dirsi, v’era ancora un che di femminile e d’attraente, l’aria con la quale ella era atteggiata sulla panca, fissandomi, era degna della crudele principessa d’una leggenda.
– Ora – ella disse, imperiosamente, senza guardarlo, e toccandosi la vecchia cicatrice che vibrava, forse in quell’istante, piuttosto di piacere che di dolore – narrate al signor Copperfield tutto ciò che sapete della fuga.
– Il signor Giacomo e io, signorina...
– Non vi rivolgete a me! – ella interruppe, aggrottando le ciglia.
– Il signor Giacomo e io, signore.
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