– Siete stata voi a parlarmi – egli rispose. – Vi domando scusa: è mio dovere di obbedire.
– E allora, – ella rispose, finite il vostro racconto, e andatevene...
– Quando apparve chiaro, – egli disse con infinita rispettabilità, e un profondo inchino – che non era possibile trovarla, raggiunsi il signor Giacomo nel luogo dove s’era convenuto ch’io gli avrei scritto, e lo informai dell’accaduto. Vi fu una discussione fra noi, e credetti dignitoso lasciarlo. Io potevo sopportare, e ho sopportato molte cose da parte del signor Giacomo; ma egli trascese nei suoi atti e mi percosse, perfino. Non ignaro del disgraziato dissenso che lo separa dalla madre, e dell’angoscia della signora, mi son preso la libertà di venire in Inghilterra, e riferirle...
– Per il denaro che io gli ho dato – mi disse la signorina Dartle.
– Sì, signorina... e riferirle ciò che sapevo.
Io non so – disse Littimer, dopo un istante di riflessione – se vi sia altro. Per ora sono disoccupato, e sarei felice di trovare in qualche parte un posto rispettabile.
La signorina Dartle mi guardò, come per chiedermi se vi fosse qualche cosa in particolare che desiderassi di sapere. Siccome pensavo a una circostanza, risposi:
– Vorrei domandare a questo... individuo – mi fu impossibile esprimermi in maniera più cortese – se non fu intercettata una lettera scritta a quella disgraziata ragazza da casa sua, o se crede che ella la ricevesse.
Egli rimase calmo e tranquillo, con gli occhi fissi a terra, e la punta di ogni dito della destra delicatamente arcuata su la punta d’ogni dito corrispondente della sinistra.
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