Come se fosse una parte di quella corruzione e di quella putredine, la ragazza da noi seguita si spinse fino al limite del fiume, e se ne stette nel mezzo di quella scena notturna, solitaria e immota, contemplando il vuoto.
Alcune barche, addormentate qua e là nel fango, ci misero in grado di arrivare a pochi passi da lei senza esser veduti. Allora io feci cenno al pescatore Peggotty di fermarsi, ed emersi dall’ombra per parlarle. Non me le avvicinai senza un tremore; perché la trista mèta di quella sua passeggiata, e il modo come ella s’era fermata, quasi nell’ombra cavernosa del ponte di ferro, a guardare i lumi contorti nella corrente impetuosa, m’ispiravano un segreto terrore.
Mi parve ch’ella mormorasse qualche cosa. Benché stesse con gli occhi fissi sull’acqua, si tolse lo scialle e se ne avvolse le mani, agitata è smarrita; con i movimenti febbrili d’una sonnambula. Non dimenticherò mai che v’era nel suo selvaggio aspetto qualche cosa che mi sospese nell’angoscia di vederla lì lì inabissarsi innanzi a me, finché non potei afferrarla per il braccio e tenerla.
Nello stesso momento gridai: «Marta!».
Ella cacciò un grido di terrore, e si divincolò con tanta forza, che non so se solo sarei riuscito a tenerla. Ma fu afferrata da una mano più vigorosa della mia; e quando levò gli occhi atterriti e vide di chi era, tentò un altro sforzo disperato, e si abbandonò al suolo fra noi due. La trasportammo lungi dall’acqua in un punto dove vi erano dei sassi asciutti, e lì la facemmo sedere.
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Peggotty
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