Con la testa nascosta fra le mani, ella piangeva e gemeva.
– Oh, il fiume! – ripeteva angosciosa. – Oh, il fiume!
– Zitta, zitta! – le dissi, – Calmatevi! Ma ella, gemendo, ripeteva sempre le stesse parole: «Oh, il fiume, oh, il fiume!».
– So che è come me! – poi esclamò. – So che gli appartengo. È la sola compagnia degna di me, ora. Viene dai luoghi di campagna, dove scorreva puro e innocuo... passa per le vie tristi, sozzo e miserabile... e va come la mia vita a un gran mare continuamente in burrasca... e sento che debbo accompagnarlo.
Tranne che in queste parole, non avevo mai conosciuto che fosse la disperazione.
– Non posso lasciarlo. Non posso dimenticarlo. M’ossessiona giorno e notte. È la sola cosa al mondo degna di me! Oh, l’orribile fiume!
Mi passò per la mente il pensiero che nel viso del mio compagno, che la guardava muto e immobile, avrei potuto leggere la storia della nipote, se anche non l’avessi saputa. Non avevo mai visto, in nulla di vero o d’immaginario, l’orrore e la pietà così perfettamente fusi. Egli tremava, come una foglia, e la sua mano, che io toccai, perché il suo aspetto m’aveva fatto paura, era mortalmente gelida.
– Ella è in accesso di follia – gli bisbigliai. – Fra poco parlerà diversamente.
Non so che cosa egli volesse rispondermi. Accennò a parlare, e parve pensare che m’avesse risposto; ma non aveva fatto altro che stendere la mano e indicarmi Marta, la quale era stata presa da un nuovo scoppio di pianto, e rassomigliava, con la testa nascosta fra le pietre, a una immagine prostrata di abbiezione e di rovina.
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Calmatevi Fra Marta
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