Convinto che bisognava lasciarle il tempo di calmarsi, prima di poterla interrogare con qualche speranza, trattenni il pescatore Peggotty che voleva rialzarla, e aspettammo in silenzio che ella si calmasse un poco.
– Marta – dissi allora, chinandomi per rialzarla: sembrava che si volesse alzare con l’intenzione di andarsene, ma era così debole che si appoggiò contro una barca. – Sapete chi è qui con me?
Con un fil di voce, ella disse: «Sì».
– Sapete che stasera vi abbiamo seguita per un bel tratto?
Ella scosse il capo, non guardando né lui né me, umilmente atteggiata, col cappellino e lo scialle in una mano, come se non sapesse che fossero, e premendosi la fronte con l’altra.
– Siete calma abbastanza – domandai – per parlarci sul soggetto che vi stava tanto a cuore... spero che ve ne ricordiate... quella sera che nevicava così forte?
Ricominciò a singhiozzare, e mormorò a fatica che mi ringraziava tanto per non averla scacciata.
– Non voglio dir nulla per giustificarmi – ella disse, dopo qualche istante. – Io son colpevole, io son perduta, non ho nessuna speranza. Ma dite a lui, signore – ella s’era scostata dal pescatore Peggotty – se avete un po’ di pietà per me, che non fui io la causa della sua disgrazia.
– Non è stata mai attribuita a voi – dissi, rispondendo vivamente al suo appello.
– Foste voi, se non m’inganno – ella disse con voce soffocata dal pianto – che entraste nella cucina quella sera ch’ella ebbe tanta pietà di me. Era così buona, e non mi respingeva come gli altri, e mi soccorreva.
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Peggotty Sapete Peggotty
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