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      La sua voce era un bisbiglio non diretto a noi, ma al firmamento; poi ella se ne stette immobile e calma, con gli occhi sull’acqua limacciosa.
      Credemmo necessario, allora, di dirle tutto ciò che sapevamo, e glielo raccontai minutamente. Mi ascoltò con grande attenzione, e con un viso che mutava spesso, ma rivelava lo stesso proposito nelle sue varie espressioni. Di tanto in tanto gli occhi le si riempivano di lagrime, ma subito le frenava. La sua esaltazione sembrava fosse cessata, e le fosse successa una profonda calma.
      Quando ebbi cessato di parlare, ella chiese dove potesse comunicare con noi, al momento opportuno. Alla luce d’un fioco fanale, scrissi i nostri indirizzi su un foglio del mio taccuino; lo strappai e glielo diedi, ed ella se lo mise in seno. Le chiesi dove abitasse. Rispose, dopo un istante di silenzio, che non stava a lungo nello stesso punto, e ch’era meglio non saperlo.
      Il pescatore Peggotty mi suggerì sottovoce un pensiero che era venuto anche a me; e io cavai il borsellino; ma non mi fu possibile farle accettare del denaro, né farmi promettere che l’avrebbe accettato un’altra volta. Cercai di farle comprendere che il pescatore Peggotty non era, considerata la sua condizione, povero; e che non era giusto, da parte nostra, incaricarla di quella ricerca senza un compenso. Ma ella fu incrollabile. E non valsero neanche le preghiere del pescatore Peggotty a scuoterla. Ella lo ringraziò con riconoscenza, ma non si piegò.
      – Troverò del lavoro – disse. – Tenterò.
      – Almeno accettate qualche aiuto per il momento – dissi.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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