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      Pensammo che allora si fosse messo in pace con la coscienza, e non avesse altro di peggio da rivelarci a carico della cuoca; ma un paio di giorni appresso, la coscienza lo assalì con un nuovo rimorso, ed egli ci disse che la cuoca aveva una ragazzina, che tutte le mattine portava il pane di casa nostra; e anche come egli stesso fosse stato subornato a mantenere il lattaio a carbone. Due o tre giorni dopo, fui informato dall’autorità inquirente che era stata da lui condotta alla scoperta di interi filetti di manzo nei rifiuti di cucina, e di parecchie paia di lenzuola nel sacco dei cenci. Poco tempo dopo, egli si buttò in una direzione assolutamente diversa, e confessò di sapere che il garzone del caffè vicino aveva tramato una scalata notturna in casa nostra, e il garzone fu immediatamente arrestato. Finii con l’essere così umiliato di quella mia parte di vittima, che gli avrei dato non so quanto per farlo tacere, o avrei tentato di corrompere i carcerieri per farlo fuggire. E il peggio si era, che egli non immaginava neanche lontanamente una cosa simile; ma credeva nella sincerità del suo cuore di fare una nuova ammenda a ogni nuova rivelazione, se non forse di accumulare una gran quantità di diritti alla mia riconoscenza.
      Finalmente fuggivo io, tutte le volte che vedevo un emissario della Polizia presentarsi con qualche nuova notizia; e vissi, per così dire, di nascosto, finché egli non fu giudicato e condannato alla deportazione. Ed anche allora non si calmò, perché ci scrisse un completo epistolario.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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