Perciò mi arrestai a mezzo, e le dissi semplicemente:
– Non soltanto, mia cara, noi perdiamo, con la nostra negligenza, denaro e benessere, e a volte anche la pace; ma commettiamo la grave colpa di guastare tutti quelli che prendiamo a nostro servizio o che hanno relazione d’affari con noi. Comincio a credere che tutto il torto non sia da una parte sola, e che tutta questa gente riesca male, perché neppur noi riusciamo bene.
– Oh, che parole! – esclamò Dora, spalancando gli occhi. – Come a dire che tu m’hai vista rubare gli orologi d’oro! Oh!
– Diletta mia – risposi – non dire delle sciocchezze. Chi si è sognato mai di alludere agli orologi d’oro?
– Tu – rispose Dora – proprio tu, e lo sai. Hai detto che non riesco neppure io bene, e mi hai paragonato a lui.
– A chi? – chiesi.
– Al servitore – singhiozzò Dora. – Come sei cattivo! Paragonare tua moglie a un servitore condannato! Perché non mi dicesti ciò che pensavi di me prima di sposarmi? Perché non mi dicesti, uomo senza cuore, che eri persuaso che io fossi peggiore d’un servitore condannato? Che bella opinione che hai di me! Oh, santo Cielo!
– Dora, amor mio – risposi, tentando dolcemente d’allontanare il fazzoletto con cui si premeva gli occhi, – ciò che tu dici non soltanto è ridicolo, ma ti fa gran torto. Prima di tutto, non è vero.
– Tu mi dicevi sempre che egli diceva delle menzogne – singhiozzò Dora – e ora dici la stessa cosa di me. Oh, che sarà di me! Che sarà di me!
– Figlia mia – soggiunsi – ti supplico seriamente d’essere ragionevole, e d’ascoltare ciò che ti dicevo, e dico.
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Dora Dora Dora Cielo Dora
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