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      Non avevano alcuna evidenza in me; non avevano alcuna influenza in nulla che io dicessi o facessi. Portavo io il peso di tutte le nostre piccole cure e di tutti i miei progetti; Dora teneva le penne; e sentivamo entrambi che le nostre parti erano divise nel modo imposto dalle circostanze. Ella mi voleva veramente bene ed era orgogliosa di me; e quando Agnese scriveva poche calde parole nelle sue lettere a Dora, sul piacere e l’interesse coi quali i miei vecchi amici seguivano lo svolgersi della mia crescente fama, e leggevano il mio libro come sentendone dalla mia viva voce il contenuto, Dora le leggeva con lagrime di gioia nei fulgidi occhi, e diceva che io ero il suo caro e illustre maritino.
      «Il primo erroneo impulso d’un cuore indisciplinato.» In quel tempo, mi tornavano in mente queste parole della signora Strong: m’erano sempre presenti. Spesso mi svegliavo la notte con quelle parole in cuore: ricordo d’averle lette, nei sogni, scritte sui muri delle case. Giacché m’ero accorto che anche il mio cuore era indisciplinato la prima volta che s’era acceso di Dora; e che se fosse stato disciplinato non avrebbe potuto sentire, dopo il matrimonio, ciò che sentiva nelle sue segrete prove.
      «Non v’è peggiore disparità nel matrimonio del disaccordo in fatto di carattere e di idee». Neppure queste parole avevo dimenticate. M’ero sforzato di adattare Dora a me, e non c’ero riuscito. Non mi rimaneva che d’adattare me a Dora, di dividere con lei ciò che potevo, ed esserne soddisfatto; di portare sulle sole mie spalle tutto il carico che potevo e d’esserne soddisfatto.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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