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      Ci recammo a casa di mia zia e non a casa mia, perché Dora era sofferente. Mia zia si presentò non appena fu chiamata, e diede il suo benvenuto al signor Micawber con gentile cordialità. Il signor Micawber le baciò la mano, si ritrasse nell’angolo della finestra; e cavando di tasca il fazzoletto, ebbe un istante di penosa e intima lotta.
      Il signor Dick era presente. Egli, naturalmente pietoso per quanti gli parevano infelici, e sempre pronto a scovarne qualcuno, strinse le mani al signor Micawber almeno una dozzina di volte in cinque minuti. Il signor Micawber, nel suo turbamento, fu tanto commosso da quella cordialità d’un estraneo, che poté soltanto dire, a ogni nuova stretta di mano: «Mio caro signore, la vostra simpatia mi opprime»; le quali parole fecero tanto piacere al signor Dick, che ricominciò con maggior vigore di prima.
      – La gentilezza di questo signore – disse il signor Micawber a mia zia – mi... se voi mi permettete d’usare un’espressione dei nostri più volgari esercizi nazionali... mi atterra. A un uomo che lotta con un immenso carico d’inquietudini e d’incertezze, una simile accoglienza è imbarazzante, vi giuro.
      – Il mio amico Dick – rispose mia zia, orgogliosa – non è un uomo ordinario.
      – Ne sono persuaso – disse il signor Micawber. – Mio caro signore – in quell’istante il signor Dick gli stringeva di nuovo le mani – sono profondamente commosso della vostra cordialità
      – Come state? – disse il signor Dick, con uno sguardo pieno d’ansia.
      – Così così, mio caro signore – rispose il signor Micawber, sospirando.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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