Pagina (1021/1261)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Mia zia poggiò il gomito sul tavolinetto rotondo che si teneva di solito accanto, squadrando intenta il signor Micawber. Nonostante l’avversione con la quale consideravo il proposito di allettarlo insidiosamente a una rivelazione ch’egli non aveva intenzione di fare, l’avrei certo in quel momento costretto a parlare, se non l’avessi visto intento ad atti e movimenti strani, come per esempio a metter la buccia di limone nel calderotto, lo zucchero nel vassoio, lo spirito in una brocchetta vuota, e a tentar con la massima fiducia di versar l’acqua da un candeliere. Sentii la crisi prossima, e la crisi scoppiò. Egli respinse tutto ciò che aveva dinanzi, si levò dalla sedia, cavò di tasca il fazzoletto e ruppe in pianto.
      – Mio caro Copperfield – disse il signor Micawber, nascondendo il viso – questa è un’operazione che più d’ogni altra richiede lo spirito sereno e il rispetto di sé medesimo. Non mi sento capace di eseguirla. Non m’è possibile.
      – Signor Micawber – dissi – che cosa avete? Parlate, vi prego. Pensate che siete fra amici.
      – Fra amici, signore! – ripeté il signor Micawber; e tutto ciò che aveva tenuto nascosto gli scappò fuori. – Santo Cielo, è appunto perché sono fra amici che mi vedete in questo stato. Che c’è, signori? Che non c’è? C’è la malvagità, ecco che c’è; c’è la vigliaccheria, l’inganno la frode, il complotto, ecco che c’è; e il nome di questo cumulo di porcherie si chiama... Heep.
      Mia zia batté le mani, e noi sussultammo tutti come degli ossessi.
      – La lotta è finita!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





Micawber Copperfield Micawber Micawber Micawber Santo Cielo