Confesso che cominciavo a disperare di ritrovarla, e gradatamente a persuadermi sempre più che fosse morta.
Ma la fede del pescatore Peggotty rimaneva inconcussa. A quanto sapevo – e credo che nella sincerità del suo cuore non mi celasse nulla – non una sola volta dubitò, disperò di trovarla. La sua pazienza non mostrava mai un istante di stanchezza. E, per quanto io tremassi per l’angoscia che lo attendeva il giorno che quella sua solida certezza fosse dovuta crollare in un soffio, v’era in essa un carattere così religioso, e così teneramente espressivo della profonda purezza d’una nobile natura, che il rispetto e la venerazione che io gli portavo aumentavano ai miei occhi ogni giorno.
La sua non era una fiducia torpida che se ne stesse con le mani in mano. Egli era stato sempre un uomo attivo, e sapeva che chi aveva bisogno d’aiuto, doveva risolutamente far la propria parte e aiutarsi da sé. L’avevo veduto partire la notte, per il timore che il lume, per una ragione o l’altra, non fosse stato acceso alla finestra del battello, e andare a piedi fino a Yarmouth. L’avevo veduto, dopo aver letto qualche cosa nel giornale che potesse riferirsi a lei, prendere la mazza e imprendere un viaggio di sessanta o settanta miglia. Egli era andato per mare a Napoli, e n’era ritornato, dopo aver udito il colloquio che io avevo avuto con la signorina Dartle. Tutti i suoi viaggi erano fatti con gran pena; perché era sempre fermo nel proposito di risparmiare e serbare il denaro per il giorno che avesse ritrovato Emilia.
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