Perché ritardava tanto? pensavo con impazienza.
– Così – disse Rosa Dartle, con una risata di sprezzo – finalmente la veggo. Sì, egli è stato un ingenuo a farsi accalappiare da quella falsa modestia e da quella testa di tortora.
– Oh, per l’amor del Cielo, abbiate pietà di me! – esclamò l’Emilia. – Chiunque siate, voi sapete la mia storia dolorosa, e per l’amor del Cielo, abbiate pietà di me, se vorrete pietà!
– Se vorrò pietà! – rispose alteramente l’altra. – Credete che ci sia qualche cosa di comune fra noi due?
– Nulla se non il sesso – disse Emilia con uno scoppio di pianto.
– Ed è un così forte legame codesto, quando è invocato da un infame come voi, che se non avessi per voi in petto altro che disprezzo e odio, m’agghiaccerebbe d’orrore. Il nostro sesso. Fate un bell’onore al nostro sesso!
– Me lo merito, questo trattamento – esclamò Emilia – ma è terribile. Cara, mia cara signora, pensate a ciò che ho sofferto, e come sono caduta. Oh, Marta, ritorna! O casa, o casa mia!
La signorina Dartle occupò una sedia di fronte alla porta, tenendo gli occhi fissi al suolo, come se Emilia fosse prostrata innanzi a lei. Potevo ora vedere il labbro arricciato, e i crudeli occhi sdegnosamente fissati su un punto, in un trasporto di trionfo.
– Ascoltate ciò che vi dico – ella disse – e riservatevi quegli artifici per i vostri merletti! Sperate di commuovermi con le lagrime? Con me non servono né lagrime, né sorrisi, schiava venduta!
– Oh, abbiate compassione di me! – esclamò Emilia. – Un po’ di pietà per me, o morirò pazza.
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