– Casa vostra! Immaginate che io le faccia l’onore d’un pensiero, o che voi abbiate fatto un tal male a quel mucchio di miserabili che non si possa riparare bravamente con del denaro? Casa vostra! Voi eravate una parte del commercio di casa vostra, e foste comprata e venduta come qualunque altro oggetto di cui la vostra famiglia faceva traffico.
– Oh, no! – esclamò Emilia. – Dite qualunque cosa di me; ma non attribuite la mia disgrazia e la mia vergogna a persone che sono onorevoli come voi e che soltanto io ho disonorate. Se siete una gentildonna, rispettatele, anche se non avete pietà di me.
– Io parlo – ella disse, non degnandosi di badare a questa supplica, e raccogliendosi la gonna per tenerla lungi dal contatto di Emilia – io parlo di casa sua... quella dove abito io. Ecco – ella disse tendendo la mano con un riso di sprezzo e con gli occhi fissi sulla ragazza prostrata – ecco una degna causa di divisione fra una madre gentildonna e un figlio gentiluomo; di infelicità in una casa dove ella non sarebbe stata ammessa come sguattera; di collera, di lamenti e di recriminazioni. Campione di putridume, raccolto dall’acqua per il capriccio d’un momento, e poi rigettato nel fango che l’ha prodotto.
– No, no! – esclamò Emilia, giungendo le mani. – Quando egli mi venne innanzi la prima volta... che quel giorno non fosse mai spuntato o m’avesse vista morta!... ero stata allevata virtuosa come voi o qualunque signora, e stavo per sposare un giovane virtuoso come voi o qualunque donna al mondo potrebbe desiderare.
| |
Emilia Emilia Emilia
|