– Quello è lo stesso baule sul quale voi era vate solito di sedervi insieme con l’Emilia – disse il pescatore Peggotty sottovoce. – Sarà l’ultimo oggetto che mi porterò via. Ed ecco la vostra cameretta, vedete, signorino Davy? Già vuota.
Il vento, benché soffiasse moderatamente, aveva un suono solenne e strisciava su quella dimora semideserta con un gemito represso ch’era quasi lugubre. Tutto era sparito, perfino lo specchietto incorniciato di conchiglie. Pensai al tempo in cui avevo dormito la prima volta sotto quel tetto, mentre avveniva a casa mia un così gran mutamento. Rividi la bambina dagli occhi azzurri che m’aveva incantato. Ripensai a Steerforth: e mi prese lo sciocco timore ch’egli fosse in quei pressi e si potesse incontrare ad ogni angolo.
– Forse passerà molto tempo – disse il pescatore Peggotty – prima che il battello trovi nuovi inquilini. Ora viene considerato come maledetto.
– È di qualcuno del paese? – dissi.
– Di un costruttore lì in paese. Gli debbo consegnare la chiave stasera.
Entrammo nell’altra cameretta, e poi tornammo dalla signora Gummidge, che sedeva sul baule. Il pescatore Peggotty, mettendo la candela sul caminetto, la pregò di alzarsi, per poter trasportar fuori il baule prima di spegnere la candela.
– Daniele – disse la signora Gummidge, abbandonando immediatamente il paniere, per afferrarsi al braccio dell’uomo – mio caro Daniele, le parole d’addio che io dico a questa casa sono che io non voglio esser lasciata qui. Non pensare di lasciarmi qui, Daniele!
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