Nel frattempo, il signor Micawber fece un piccolo cenno a Traddles, e questi, inosservato, tranne che da me, uscì.
– Ve ne potete andare, Micawber – disse Uriah.
Il signor Micawber, con la mano sulla riga in petto, rimaneva ritto sulla soglia, indubbiamente in contemplazione di uno dei suoi simili, il principale.
– Che cos’aspettate? – disse Uriah. – Micawber, avete sentito che vi ho detto di andarvene?
– Sì – rispose il signor Micawber, sempre immobile.
– Allora, perché non vi muovete? – disse Uriah.
– Perché... così mi pare! – rispose il signor Micawber, con uno scoppio.
Le guance di Uriah persero il colore, e un mortale pallore, debolmente sfumato dal rossiccio che le dominava, vi si sparse. Guardò fisso il signor Micawber, col volto che anelava e vibrava in ogni lineamento.
– Voi siete bislacco, come tutti sanno – egli disse, sforzandosi di sorridere – e temo che sarò obbligato a sbarazzarmi di voi. Andate ora. Parleremo presto insieme.
– Se vi è un furfante a questo mondo, col quale ho parlato già troppo – disse il signor Micawber, esplodendo con la massima veemenza – il nome di quel furfante è il vostro, Uriah Heep.
Uriah si gettò all’indietro, come se fosse stato percosso o morso. Guardando lentamente in giro con la più trista e malvagia espressione che il suo viso potesse assumere, disse a voce bassa:
– Oh! Questo è un agguato! E voi vi siete dati convegno qui. Voi, Copperfield, mi avete tramato un tiro col mio impiegato? Ma badate, non vi riuscirete. Noi ci comprendiamo, voi e me.
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