Dov’è la mamma? – egli disse, sgomento, accorgendosi a un tratto, dell’assenza di Traddles, e tirando il cordone del campanello. – Bel contegno in casa d’altri!
– La signora Heep è qui, signore – disse Traddles, tornando con la degna madre di quel degno figlio. – Mi son preso la libertà di presentarmi da me stesso.
– Chi siete per presentarvi da voi? – rispose Uriah. – E che volete qui?
– Io sono l’agente e l’amico del signor Wickfield, signore – disse Traddles, in un dignitoso atteggiamento d’uomo affari. – Ho una sua procura in tasca che mi autorizza ad agire per conto suo in ogni faccenda.
– Quell’ ubbriaco somaro è perfettamente rimbambito! – esclamò Uriah, diventando più brutto di prima. – Glie l’avete carpita con la frode.
– Qualcosa gli è stato carpito con la frode, lo so – rispose Traddles, calmo – e di vostra mano, signor Heep. Ce ne appelliamo, per questa faccenda, al signor Micawber.
– Uriah!... – cominciò la signora Heep con un gesto pieno d’ansia.
– Tu sta’ zitta, mamma – egli rispose: – meno si parla, e meglio sarà.
– Ma, Uriah!...
– Sta’ zitta, mamma, e lasciami fare.
Benché da lungo tempo sapessi che la sua servilità era falsa, e tutte le sue arie di modestia non altro che scaltrezza simulata, non mi feci un’idea adeguata della sua ipocrisia che allorché potei vederlo senza maschera. La rapidità con cui se la tolse, quando capì che non gli serviva più; la malizia, l’insolenza e l’odio ch’egli rivelò; la soddisfazione, persino in quel momento, per tutto il male da lui commesso – nell’atto di cercare disperatamente il mezzo di salvarsi – sebbene in rispondenza perfetta con quanto conoscevo di lui, sorpresero in principio anche me che da tanto tempo non avevo alcun dubbio sul suo carattere e lo disprezzavo cordialissimamente.
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