«Sotto un monte di ignominia, di bisogno, di disperazione, di follia entrai nello studio... o, come i Galli, vivaci nostri vicini, lo chiamerebbero, bureau della ditta nominalmente condotta sotto l’appellativo di Wickfield e... Heep, ma, in realtà, diretta soltanto da Heep. Heep, soltanto Heep, è la molla principale di questa macchina. Heep e soltanto Heep è il falsario e il truffatore».
Uriah, più azzurro che pallido a queste parole, balzò sulla lettera, come per farla a pezzi.
Il signor Micawber, con un atto di prodigiosa destrezza o fortuna, gli acchiappò le dita sotto la riga e gli rese invalida la mano. Uriah piegò il polso, come se gli si fosse rotto, e il colpo risonò come sul legno.
– Il diavolo vi porti! – gridò Uriah, contorcendosi dal dolore. – Ce la vedremo.
– Avvicinatevi un’altra volta, Heep, cumulo d’infamia – gridò il signor Micawber – e se la vostra testa è una testa d’uomo, ve la romperò. Su, avanti, avanti!
Credo che non avessi visto mai nulla di più ridicolo del signor Micawber che faceva il mulinello con la riga e gridava: «Su, avanti!», mentre Traddles e io lo spingevamo in un angolo, donde egli continuava a fare una sortita non appena eravamo riusciti a cacciarvelo.
Il suo nemico, mormorando fra i denti, dopo essersi stropicciato per qualche tempo la mano indolenzita, trasse il fazzoletto e ve l’avvolse, poi vi portò l’altra mano; e si sedette sulla tavola con la faccia scura fissa sul pavimento.
Il signor Micawber, calmatosi alquanto, continuò la lettura:
«Gli emolumenti mensili, in considerazione dei quali entrai in servizio di Heep – egli si fermava sempre innanzi a questo nome e lo pronunziava con straordinario vigore – non furono provvisoriamente fissati che a ventidue scellini e sei pence la settimana.
| |
Galli Wickfield Heep Heep Heep Micawber Uriah Heep Micawber Micawber Traddles Micawber Heep
|