.. Heep... professava la sua illimitata gratitudine, la sua illimitata amicizia per quel maltrattatissimo signore. Questo era già male; ma come il principe filosofo di Danimarca osserva, con quell’universale applicabilità che distingue l’illustre ornamento dell’era elisabettiana, doveva ancora venire il peggio!».
Il signor Micawber si mostrò così compiaciuto di quella sentenza così calzante, che col pretesto d’aver perso il segno, volle servircela una seconda volta.
«Non è mia intenzione – lesse, continuando – di entrare in una lista particolareggiata, nell’ambito della presente epistola (ma la lista è già bella e pronta in un foglio separato), delle varie cattive azioni di minore importanza in pregiudizio della persona che ho già designato come il signor W., nelle quali io sono stato un complice tacitamente consenziente. Il mio scopo, quando cessò in me la lotta fra l’avere e il perdere lo stipendio, fra l’avere e il non avere da pagare il fornaio, fra l’esistere e il non esistere, fu di profittare del posto che occupavo per scoprire e denunciare le maggiori cattive azioni, le frodi e i più gravi torti commessi in danno di quel gentiluomo... da ... Heep. Spronato dal tacito consigliere intimo, e da un non meno commovente consigliere esterno... che io designerò brevemente come la signorina W..., mi dedicai a un faticoso compito di clandestina investigazione, protratta, con quanto ho potuto di sagacia, applicazione e buona fede, per un periodo superiore a dodici mesi del calendario».
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Heep Danimarca Micawber
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