– Ne son persuaso. Non ho che da dirglielo, e lei verrà certamente.
– Ti senti molto solo ora quando vai giù? – bisbiglia Dora, stringendomi con un braccio il collo.
– Come non dovrei sentirmi solo, amor mio, vedendo la tua poltrona vuota?
– La mia poltrona vuota! – Ella mi si stringe un poco, in silenzio. – E tu veramente senti la mia mancanza, Doady? – aggiunge guardando in su e sorridendo. – T’accorgi della mancanza di Dora, che è così sciocca, stupida, stordita?
– Cuor mio, che altro c’è al mondo di cui possa sentir tanto la mancanza?
– Oh, marito mio, io son così contenta e pure così spiacente! – ella dice, stringendomisi più da presso, e attirandomi fra le sue braccia. Ella ride e singhiozza, e poi è calma e come felice.
– Proprio felice! – esclama. – Solo manda ad Agnese i miei più affettuosi saluti, e dille che ho molto, molto bisogno di vederla, e poi non ho niente altro da desiderare.
– Tranne che di guarire, Dora.
– Ah, Doady! A volte penso... tu sai, sono stata sempre una sciocca... che non sarà mai.
– Non dire così, Dora! Amor mio, non dir così!
– Non lo direi, se potessi, Doady. Ma son molto felice; benché il mio caro marito si senta così solo, innanzi alla sedia vuota di sua moglie-bimba!
È notte; e io sono ancora con lei. Agnese è arrivata; è stata con noi una giornata e una sera. Lei, mia zia e io siamo stati dalla mattina tutti e tre con Dora. Non abbiamo parlato molto; ma Dora s’è mostrata perfettamente lieta e contenta. Ora siamo soli.
So ora che mia moglie-bimba ci lascerà? Così m’è stato detto; ai miei pensieri non è stato detto nulla di nuovo; ma son lungi dall’esser sicuro che questa verità mi sia entrata in cuore.
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