– O Agnese! Venite, venite qui!
... Ahi, il viso d’Agnese, così pieno di pietà e d’angoscia, quel torrente di lagrime, quel terribile muto cenno che mi fa, quella mano levata verso il Cielo!
– Agnese?
È finita. Gli occhi mi si riempiono di tenebre; e, per un istante, tutto si dilegua dal mio spirito.
LIV.
LA TRANSAZIONE DEL SIGNOR MICAWBERNon è questa l’ora di ritrarre le condizioni dell’animo mio sotto il colpo della sventura. Giunsi a credere che l’avvenire mi si fosse murato innanzi agli occhi, che l’energia e l’attività della mia vita fossero schiantate, che non ci fosse altro scampo per me che nella morte. Giunsi a pensar così, ripeto, ma non al primo scoppio della mia angoscia. Ci arrivai pian piano. Ci sarei arrivato prima, forse, se gli eventi che m’accingo a narrare non mi si fossero così addensati intorno da confondere al principio e da aumentare, alla fine, l’ambascia che mi premeva. Il fatto sta che prima che io la comprendessi pienamente ci fu un intervallo, durante il quale potei pensare che le più crudeli trafitture fossero finite, e che il mio spirito potesse consolarsi col posar su quanto era innocente e bello nel romanzo d’amore e di tenerezza che s’era chiuso per sempre. Non ricordo più, neppur ora, distintamente quando mi fu proposto di andare all’estero, e come venisse stabilito fra noi che dovevo cercare di riacquistar la pace dello spirito nei mutamenti d’un viaggio. Il cuore di Agnese penetrava tanto in tutto ciò che si pensava, si diceva, si faceva in quell’ora d’ambascia, che potrei certamente attribuire il progetto alla sua influenza.
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Agnese Agnese Cielo Agnese
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