Era veramente uno spettacolo vederlo lavorare sui fogli di carta bollata con la delizia d’un artista, ritoccarli come quadri, guardarli con la coda dell’occhio, prendendo nel suo taccuino diligente nota delle date e dei totali, e contemplarli, dopo aver finito, con un alto sentimento del loro prezioso valore.
– Ora, la miglior cosa che potreste fare, signore, se mi permettete di darvi un consiglio – disse mia zia, dopo averlo osservato in silenzio – sarebbe di rinunziare per sempre a questo divertimento.
– Signora – rispose il signor Micawber – è mia intenzione di registrare questo voto sulla pagina vergine del nostro avvenire. La signora Micawber può attestarvelo. Io confido – disse il signor Micawber solennemente – che mio figlio Wilkins non dimenticherà mai che farebbe in finitamente meglio a metterla mano sul fuoco, che usarla a maneggiare i serpenti che hanno avvelenato il sangue e la vita del suo infelice genitore! – Profondamente commosso, e trasformato subito nell’immagine della disperazione, il signor Micawber contemplò i serpenti con uno sguardo fosco di ribrezzo (nel quale non era svanita tutta l’ammirazione di poco prima), li piegò accuratamente e se li mise in tasca.
Con questo si finì la serata. Eravamo tutti stanchi d’affanni e di fatica, e mia zia ed io dovevamo ritornare a Londra. Fu stabilito che i Micawber ci avrebbero seguito, dopo aver venduto i loro mobili a un rigattiere; che al più presto possibile, sotto la direzione del signor Traddles, sarebbero stati riordinati gli affari del signor Wickfield, e che Agnese, nel frattempo, sarebbe venuta a Londra.
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