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      Ella avrebbe potuto desiderare, dopo aver ricevuto quella comunicazione, di mandar per mezzo mio qualche parola d’addio al suo infelice innamorato. E io non dovevo farle mancare simile occasione.
      Perciò mi sedetti a tavolino nella mia stanza, prima d’andare a letto, e le scrissi. Le dissi che avevo veduto Cam, e ch’egli m’aveva pregato di dirle ciò che ho già scritto a suo luogo in questi fogli. Fedelmente le ripetei tutto. Non avevo alcuna necessità di diffondermi in altre parole, anche se ne avessi avuto il diritto. La profonda fedeltà e la bontà dei detti di Cam non avevano bisogno d’essere abbellite da me e da nessuno. Chiusi la lettera per spedirla la mattina appresso, pregando con una riga il pescatore Peggotty di consegnarla ad Emilia e andai a letto all’alba.
      Ero più debole di quel che m’immaginassi, e non pigliando sonno fino a giorno chiaro, mi trattenni a letto, stanco e non riposato, fino al giorno appresso. Fui destato dalla silenziosa presenza di mia zia accanto al letto. La sentii in sonno, come spesso avviene in simili casi.
      – Trot, mio caro – ella disse, quando apersi gli occhi. – Non mi sapevo decidere a disturbarti. È qui il pescatore Peggotty. Lo faccio venir su?
      Risposi di sì, ed egli subito apparve.
      – Signorino Davy – egli disse, quando mi ebbe stretto la mano – ho dato a Emilia la vostra lettera, ed ella ha scritto quest’altra, pregandomi di farvela leggere, e di domandarvi se non vi dispiace di curarne la consegna,
      – L’avete letta? – dissi.
      Accennò di sì melanconicamente.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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