Quando qualche cavallone dalla groppa candida si rompeva con fracasso prima di raggiungere la sponda, ogni frammento di quel formidabile intero, animato dalla stessa violenza, si precipitava per esser raccolto nella composizione d’un altro mostro della stessa forza. Colline ondulate si trasformavano in valli, valli ondulate (a volte qualche gabbiano solitario si librava su di esse) si sollevavano in colline; masse d’acqua scuotevan la spiaggia, con un rimbombo; ogni forma correva precipitosamente, non appena composta, a cambiare di configurazione e di posto, e a cozzare, più lungi, contro un’altra forma: la sponda ideale, che pareva s’estendesse turrita all’orizzonte, si levava a volta a volta, e crollava; le nuvole volavano rapide e spesse; mi sembrava di assistere a una ribellione, a uno sconvolgimento di tutta la natura.
Non trovando Cam tra la folla, raccolta sulla riva da quel vento memorabile (che ancora si ricorda laggiù come il più violento che abbia mai soffiato su quella spiaggia), mi diressi a casa sua. Era chiusa, e picchiai inutilmente. Andai allora, seguendo parecchie straducce, nel cantiere dove egli lavorava. Appresi colà che era partito per Lowestoft, ove era stato chiamato per una riparazione urgente che solo lui poteva fare; ma che sarebbe tornato presto la mattina dopo.
Ritornai all’albergo; e, quando mi fui lavato e vestito, ed ebbi tentato di dormire, ma invano, erano le cinque del pomeriggio. Non ero stato cinque minuti nella sala del caffè, accanto al fuoco, che entrò il cameriere per attizzarlo; ma in verità per avere il pretesto di discorrere.
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Cam Lowestoft
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