Guardando la goletta, vedemmo la vela crudele battere ripetutamente e svellere dall’albero quello dei due uomini ch’era più in basso, e avvolgere trionfalmente l’altro dai capelli ricci, oramai rimasto solo.
Di fronte a quello spettacolo e innanzi a una determinazione come quella di Cam, tranquillamente rassegnato, ed avvezzo a dominare almeno sulla metà degli astanti, sarebbe stato come supplicare il vento.
– Signorino Davy – egli mi disse, stringendomi affettuosamente le mani – se l’ora mia è sonata, è sonata. Se non è sonata, ci rivedremo. Il Cielo vi benedica, e benedica tutti. Amici, son pronto: io vado.
Fui condotto più lungi, con dolce violenza, e parecchi mi si strinsero d’attorno per trattenermi; spiegandomi, come mi parve di comprendere, che egli era risoluto ad andare, ad ogni costo; che non avrei fatto con la mia presenza che compromettere le misure di prudenza per la sua sicurezza, turbando quelli che n’erano incaricati. Non so che rispondessi, o che mi si rispondesse; ma vidi dell’agitazione sulla spiaggia e alcuni uomini che correvano con delle corde staccate da un argano, entrare in un crocchio che si frapponeva fra me e Cam. Poi lo vidi solo, in costume da marinaio, con una fune in mano o legata al polso, e un’altra intorno al corpo: l’ultima, che si trascinava lenta sulla sponda, ai suoi piedi, era a breve distanza, tenuta per l’estremità dai più vigorosi degli astanti.
La nave stava per infrangersi: non occorreva esser del mestiere per accorgersene. Vedevo che si stava spaccando per il mezzo, e che la vita del superstite sull’albero, che pure vi si teneva aggrappato, era sospesa a un filo.
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